Il povero è un fratello
“Quanti poveri genera l’insensatezza della guerra!” (n. 2).È in questo grido, probabilmente, che si può racchiudere il Messaggio di Papa Francesco per la VI Giornata Mondiale dei Poveri, che quest’anno ricorrerà il 13 novembre. Lo sguardo di chi prende tra le mani questo testo si fissa necessariamente sulle tristi vicende che si stanno sperimentando in questi mesi e che si aggiungono alle tante guerre che ovunque provocano morte e distruzione. In questo contesto la Giornata Mondiale dei Poveri, dice Papa Francesco, è una “sana provocazione per aiutarci a riflettere sul nostro stile di vita e sulle tante povertà del momento presente” (n. 1).La frase che ci guida quest’anno è la citazione dalla seconda Lettera di Paolo ai cristiani di Corinto: “Gesù Cristo si è fatto povero per voi” (2Cor 8,9). Il contesto della Lettera è quello della raccolta di fondi per sostenere i poveri della comunità di Gerusalemme. I Corinti, che avevano aderito immediatamente e con entusiasmo a questa iniziativa, con il protrarsi del tempo si stancano e diventano meno generosi. Si tratta di un’esperienza che si ripete in ogni tempo e che manifesta più l’emotività con cui si reagisce davanti alla povertà che non la responsabilità di una scelta che si rende tangibile in un impegno che non conosce sosta. La testimonianza dei cristiani, quindi, ha bisogno di essere sostenuta dall’esempio che Gesù stesso ha donato: “la vera ricchezza non consiste nell’accumulare «tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano» (Mt 6,19), ma piuttosto nell’amore vicendevole che ci fa portare i pesi gli uni degli altri così che nessuno sia abbandonato o escluso” (n. 8).Occorre dare continuità all’aiuto che si dà a chi è in difficoltà, rinnovando la motivazione, perché “ciò che abbiamo iniziato ha bisogno di essere portato a compimento con la stessa responsabilità” (n. 4). E occorre che tutta la comunità sia coinvolta, perché “Più cresce il senso della comunità e della comunione come stile di vita e maggiormente si sviluppa la solidarietà” (n. 5), che si concretizza nel condividere ciò che abbiamo con quanti non hanno nulla, perché nessuno soffra, trovando sempre nella carità, nella fede e nella speranza il fondamento del nostro essere e del nostro agire. Papa Francesco afferma che “Non si tratta di avere verso i poveri un comportamento assistenzialistico, come spesso accade; è necessario invece impegnarsi perché nessuno manchi del necessario. Non è l’attivismo che salva, ma l’attenzione sincera e generosa che permette di avvicinarsi ad un povero come a un fratello che tende la mano” (n. 7).È un tema che ritorna spesso nel magistero del Papa: l’altro, il povero, è prima di tutto un fratello, la cui presenza mi aiuta a ricordare che è necessario dare espressione concreta e coerente alla nostra fede, attraverso la vigilanza della carità: “La carità è il cuore pulsante del cristiano: come non si può vivere senza battito, così non si può essere cristiani senza carità. A qualcuno sembra che provare compassione, aiutare, servire sia cosa da perdenti! In realtà è l’unica cosa vincente, perché è già proiettata al futuro, al giorno del Signore, quando tutto passerà e rimarrà solo l’amore” (Omelia 29 novembre 2020).
Suor Maria Bottura
direttore della Caritas diocesana di Carpi
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Rimuovere l’ingiustizia
Riprendendo la riflessione sul messaggio del Papa per la Giornata dei Poveri (13 novembre) occorre assumere con responsabilità questa sottolineatura per le concrete conseguenze e applicazioni: una carità responsabile abbandona le varie forme di assistenzialismo, più facili da attuare ma senza vera efficacia per la dignità delle persone, per mettere al centro la ricerca della giustizia sociale, della vera uguaglianza, in una progettualità fatta “con i poveri” (n. 7). Tutto questo richiede una vigilanza capace di considerare il giusto valore del denaro. Papa Francesco si dimostra profondo conoscitore del cuore umano quando afferma: “il problema non è il denaro in sé, perché esso fa parte della vita quotidiana delle persone e dei rapporti sociali. Ciò su cui dobbiamo riflettere è, piuttosto, il valore che il denaro possiede per noi: non può diventare un assoluto, come se fosse lo scopo principale. Un simile attaccamento impedisce di guardare con realismo alla vita di tutti i giorni e offusca lo sguardo, impedendo di vedere le esigenze degli altri. Nulla di più nocivo potrebbe accadere a un cristiano e a una comunità dell’essere abbagliati dall’idolo della ricchezza, che finisce per incatenare a una visione della vita effimera e fallimentare” (n. 7). È necessario fare tesoro dell’esperienza vissuta in questi ultimi due anni che ha permesso a tutti, nessuno escluso, di sperimentare una forma di povertà come la debolezza, il senso del limite, la paura, la mancanza di affetti e tanto altro, per acquisire qualcosa di realmente essenziale per la vita: “non siamo al mondo per sopravvivere, ma perché a tutti sia consentita una vita degna e felice. Il messaggio di Gesù ci mostra la via e ci fa scoprire che c’è una povertà che umilia e uccide, e c’è un’altra povertà, la sua, che libera e rende sereni” (n. 8). La prima si riconosce immediatamente perché è dinanzi ai nostri occhi nelle forme più disparate; è la “miseria, fi glia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse. È la povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita. È la miseria che, mentre costringe nella condizione di indigenza estrema, intacca anche la dimensione spirituale, che, anche se spesso è trascurata, non per questo non esiste o non conta” (n.8). La seconda, al contrario, è quella che appare paradossale e spesso impensabile da perseguire per il mondo contemporaneo, e tuttavia è quella che libera perché “si pone dinanzi a noi come una scelta responsabile per alleggerirsi della zavorra e puntare sull’essenziale. In effetti, si può facilmente riscontrare quel senso di insoddisfazione che molti sperimentano, perché sentono che manca loro qualcosa di importante e ne vanno alla ricerca come erranti senza meta. […] Incontrare i poveri permette di mettere fine a tante ansie e paure inconsistenti, per approdare a ciò che veramente conta nella vita e che nessuno può rubarci: l’amore vero e gratuito. I poveri, in realtà, prima di essere oggetto della nostra elemosina, sono soggetti che aiutano a liberarci dai lacci dell’inquietudine e della superficialità” (n. 8). In questo periodo molto è stato fatto dalla Caritas: sostegno alimentare attraverso l’Emporio Cinquepani, sostegno all’abitare con il pagamento di bollette o di rate di affitto per prevenire sfratti e tagli delle utenze, interventi mirati al sostegno delle povertà educative o di particolari necessità legate alla salute. Questo e tanto altro è stato reso possibile, e ci auguriamo che continui ad esserlo, perché tante persone hanno raccolto l’invito alla generosità, lo stesso che agli inizi della nostra storia l’apostolo aveva rivolto ai primi cristiani, non per farne un comando piuttosto per rendere tutti maggiormente sensibili alle esigenze di fratelli e sorelle che vivono nel disagio e nella povertà.
Suor Maria Bottura
direttore della Caritas diocesana di Carpi